SAN VINCENZO
Spiagge d’oro, arte, salmastro e buon cibo al centro della Costa degli Etruschi
San Vincenzo si trova al centro della Costa degli Etruschi, una lingua di terra che da Livorno scende giù fino a Piombino.
La sua posizione strategica e gli ottimi collegamenti stradali e ferroviari permettono di raggiungere rapidamente le grandi città d’arte come Firenze, Pisa, Siena e Roma; nei dintorni, inoltre, si dipana un’interessantissima offerta turistica che varia dalle cantine d’autore alle terme, dai più bei parchi della Toscana ai suggestivi borghi medievali dell’entroterra, dalle vaste spiagge di sabbia alle scogliere dei promontori che celano cale così nascoste da essere quasi inarrivabili.
La storia
San Vincenzo fu abitato fin da età antichissima.
Le prime tracce di presenza umana risalgono al periodo paleolitico superiore e arrivano ininterrottamente fino ad oggi.
La parola San Vincenzo compare per la prima volta nel 1304 per denominare la Torre di San Vincenzo. Ma il suo nome ha un’origine più remota.
Etruschi, Romani e non solo
Agli Etruschi non sfuggì l'importanza strategica di San Vincenzo. La sua vicinanza a Populonia, all'epoca potentissima Lucumonia, lo rese un luogo appetibile sia per la presenza di giacimenti minerari che di estese foreste. Fra il IX ed il V secolo a.C. San Vincenzo divenne così una zona industriale e di commercio legata all'attività estrattiva.
Con la conquista della zona da parte dei Romani, arrivò la via Aurelia e fu costruito un piccolo villaggio e un approdo. Ma a causa della particolare struttura morfologica del Promontorio di Populonia, esso rimase il centro nevralgico dell’intera area.
In seguito alle guerre combattute dai Bizantini contro i Goti (535 – 553) e dai Bizantini contro i Longobardi (anni Settanta del VI sec.), la Tuscia costiera (antico termine per definire la Costa Toscana) fu segnata da sanguinosi scontri. Populonia, diventata Diocesi, si spopolò lentamente e la sede episcopale venne trasferita a Massa Marittima.
I Longobardi per controllare la Tuscia aderirono alle regole di San Benedetto, e Re Lituprando per fermare le scorrerie dei Saraceni inviò sul territorio San Wilfrido, considerato il capostipite dei Della Gherardesca. Le vicende di San Wilfrido e dei monaci benedettini interessano molto da vicino il nostro Comune, poiché furono loro a denominarlo San Vincenzo.
La Torre di San Vincenzo
Nel VIII sec. San Wilfrido fece costruire una vasta rete di costruzioni difensive, fra cui la rocca di Biserno. Ad oggi non vi sono molte notizie su questo edificio e sulle sue sorti, l’unica cosa certa è che intorno al XII sec. vi fu un castello omonimo. Eretto sulle pendici del Monte Coronato, il suo maggior rappresentante fu Messer Lisernitio Casiglitta Muccio da Biserno, chiamato anche Inghiramo. Dello stesso antico ceppo dei Della Gherardesca, e dotato di uno spiccato ingegno militare, la Repubblica di Firenze lo elesse capitano della Taglia guelfa.
A causa di questa alleanza e delle guerre combattute contro i ghibellini, nel 1304 la Repubblica di Pisa distrusse il Castello. E i bisernesi lasciarono quel luogo per andare a vivere intorno alla Torre costiera. Il nuovo borgo, costruito dalla Repubblica di Pisa, fu composto da casupole di pescatori e contadini, con tanto di dogana e di pontile di carico.
Il 17 agosto 1505 la Torre di San Vincenzo fu teatro di una leggendaria battaglia fra l’esercito di Pisa contro quello di Firenze. Vinta la battaglia dalle truppe guelfe, il governo fiorentino assegnò al capitano e ai magistrati campigliesi l’incarico di amministrare la fascia costiera comprendente anche il piccolo borgo di San Vincenzo.
La Chiesa di San Vincenzo Ferreri
La Chiesa di San Vincenzo Ferreri è la più antica delle tre chiese di San Vincenzo - le altre due sono la Chiesa di Sant'Alfonso nel paese nuovo e la Chiesa di santa Barbara a San Carlo - e si torva proprio nel centro del paese.
La sua costruzione fu iniziata nel 1855 in sostituzione del vecchio oratorio che si trovava accanto alla torre, grazie all'interessamento del Granduca di Toscana Leopoldo II, e fu ultimata nel 1861. Dopo essere stata consacrata a San Vincenzo Ferreri, fu finalmente aperta al culto il 24 dicembre 1865.
Lo stile della nuova chiesa, per la quale il Granduca aveva mobilitato insigni progettisti, era ed è semplicissimo: un'unica navata con altare centrale per il quale inizialmente fu utilizzato quello di legno del vecchio oratorio. In un secondo tempo l'altare di pietra sostituì il precedente che fu utilizzato per la cappella laterale dedicata a San Vincenzo e ricavata da un'aggiunta posteriore.
Dal vecchio oratorio, oltre all'altare, furono trasferiti nella nuova chiesa due quadri raffiguranti rispettivamente San Vincenzo Ferreri e l'Annunciazione, di autore ignoto, che sono conservati in una sala parrocchiale. Nello sfondo del coro della chiesa troneggia una Deposizione del pittore campigliese Carlo Guarnieri.
In origine la chiesa aveva tre porte. Quelle laterali furono eliminate agli inizi del XX° secolo in seguito a lavori che alterarono la bella linea iniziale slanciata verso il cielo e perfettamente armonizzate con le scalinate centro-laterali.
Nel 1978 fu affidato al giovane pittore sanvincenzino Giampaolo Talani l'incarico di effettuare una serie di affreschi sul tema del Nuovo Testamento per abbellire le pareti e la volta della chiesa. L'opera che consiste nellìaffresco di 12 storie sulla vita di Cristo fu conclusa dal Talani nel 1987.
Gli affreschi sono disposti in ordine cronologico sulle pareti della chiesa ed inclusi equilibratamente nelle architetture interne dell'edificio.
La riforma agraria del Granduca
Fra il XVI e il XVIII sec. il territorio fu scarsamente popolato. In tutta la zona, comprendente la Torraccia, Caldana di Venturina fino a circa due km dalla Torre di San Vincenzo, si estendeva un lago paludoso e insalubre. La situazione iniziò a cambiare dopo la metà del XVIII sec., quando nel marzo dell’anno 1770 Pietro Leopoldo d’Asburgo – Lorena, granduca di Toscana “si degnò di ascendere e osservare la Torre con le adiacenti spiagge”. I provvedimenti granducali ebbero effetti positivi. Ampie porzioni di terreno furono sottratte dalle acque paludose e dalla boscaglia, e la terra diventò coltivabile.
La riforma agraria avviata dalla famiglia nobile degli Alliata alla fine del XIX sec., l’insediamento di alcune famiglie di pescatori provenienti dal Sud Italia, e la nascita del turismo, rappresentarono degli stimoli positivi per l’economia e la cultura locale.
I primi villeggianti
Così, nel 1928 la cifra degli abitanti residenti a San Vincenzo salì a circa 2.000 persone, alla quale andavano aggiunti i villeggianti. Fra quest’ultimi occorre menzionare la presenza di uno degli scrittori più illustri della letteratura italiana, Luigi Pirandello. Egli alloggiò più volte nella casa di proprietà Mancianti in Piazza della Vittoria, vicino agli ambienti frequentati dai suoi amici pescatori.
Quei luoghi erano principalmente due, le “barche” e la “buca”. La prima zona, situata dove oggi vi è il porto, era così definita poiché indicava l’arenile da cui partivano e tornavano le imbarcazioni. La “buca” era situata al di là di un grande canneto, al confine nord con il bosco e la spiaggia.
La vita dei pescatori
Durante gli anni della guerra, le “rezzole”, reti simili alle sciabiche, ma di dimensioni inferiori, diedero ai pescatori e alle loro famiglie l’opportunità di scampare dalla povertà. Con il declinare dell’inverno, quando compariva la prima luna di marzo, la pesca aveva inizio e durava fino alla stagione della “castagnara”. Un termine utilizzato dai ponzesi, per paragonare le grosse e redditizie sardine pescate nei mesi autunnali con le castagne raccolte nei boschi nella stessa stagione.
L’importanza della pesca per l’economia locale fu testimoniata dalla Friggera, uno stabilimento dedito alla preparazione e all’inscatolamento delle sardine pescate davanti al mare San Vincenzo. A differenza di altri mari dove nel pescato finivano molte salacche, la flottiglia locale, composta agli inizi degli anni ’40 da circa 20 grosse barche, portava a riva delle sardine la cui qualità non aveva molti rivali. Il marchio di fabbrica fu “Dantes”. Una scelta di “marketing” motivata dall’esistenza delle famose sardine “Nantes” inscatolate in Bretagna e vendute in tutta Europa.
Con l’evolversi della guerra, la vita dei pescatori diventò però sempre più difficile. Tra la fine del 1943 e l’inizio del 1944 i continui bombardamenti degli alleati alla linea ferroviaria e alla statale Aurelia, costrinsero la comunità di San Vincenzo a trovare rifugio nell’entroterra. Arrivò così la mattina del 26 giugno 1944, ricordata anche come la battaglia di San Carlo, in cui gli alleati sconfissero le truppe tedesche.
Con il decreto n. 414, firmato dal Presidente della Repubblica il 3 giugno 1949, San Vincenzo divenne comune autonomo, distaccandosi da Campiglia Marittima.